“Vincent van Gogh. Campagna
senza tempo – Città
moderna”: dall’8 ottobre
2010 al 6 febbraio 2011 il
Complesso del Vittoriano di
Roma
riporta a Roma dopo
ventidue anni il genio
assoluto di Vincent van Gogh,
che ha lasciato un segno
indelebile nella storia
dell’arte e nell’immaginario
collettivo dell’uomo
moderno.
Il
percorso scientifico
dell’esposizione analizza per la prima volta
le due inclinazioni
contraddittorie che
spesso guidarono il pittore
nella scelta dei soggetti
dei suoi dipinti: il suo
amore per la campagna, come
ambiente fisso e immutabile,
e il suo legame con la
città, centro della vita
moderna e del suo rapido
movimento.
Saranno esposti oltre
settanta capolavori tra
dipinti, acquarelli e opere
su carta del maestro
olandese e circa quaranta
opere dei grandi artisti che gli
furono di ispirazione –
tra i quali Millet,
Pissarro, Cézanne,
Gauguin e Seurat.
La mostra, che nasce sotto
l’Alto Patronato del
Presidente della Repubblica
Italiana, è promossa dal
Ministero per i Beni e le
Attività Culturali, in
collaborazione e con la
partecipazione del Comune
di Roma - Assessorato
alle Politiche Culturali e
della Comunicazione –, della
Provincia di Roma –
Presidenza e Assessorato
alle Politiche culturali -,
della Regione Lazio –
Presidenza e Assessorato
alla Cultura, Arte e Sport
-, con il patrocinio del Senato della Repubblica,
della Camera dei Deputati,
del Ministero degli
Affari Esteri, dell’Ambasciata
del Regno dei Paesi Bassi
a Roma e dell’Istituto
per la Storia del
Risorgimento Italiano.
La rassegna è organizzata e
realizzata da Comunicare
Organizzando di Alessandro
Nicosia.
L’esposizione vanta la
collaborazione ed il
supporto delle più grandi
istituzioni museali del
mondo,
insieme ad
importantissime collezioni
private.
Tra esse spiccano: Van
Gogh Museum,
Pittore di paesaggi
traboccanti di luce, ma
anche di vibranti ritratti,
Vincent van Gogh era un
artista impetuoso e
appassionato che,
all’occorrenza, dimostrava
un altezzoso disprezzo per
le convenzioni.
Nonostante
i più vedano Van Gogh come
un artista maledetto e
guardino alle sue opere come
al prodotto stupendo della
sua follia,
egli era, invece, un uomo
di grande cultura, un
pensatore raffinato che
parlava perfettamente varie
lingue, come il francese e
l’inglese, e che aveva
studiato per diventare
mercante d’arte. La sua sorprendente memoria visiva
gli permetteva di ricordare
fin nei minimi dettagli
dipinti o stampe già visti e
dalle sue lettere
apprendiamo quanto
importante sia stata questa
conoscenza storico artistica
per lo sviluppo del suo
personale stile. Sin
dall’inizio della sua
esperienza di pittore, egli
si avvicinò ai maestri del
recente passato, come Eugene
Delacroix, Charles
Daubigny, Jean-François
Millet - che egli
chiamava addirittura Père,
padre -; Vincent ne copiò le
incisioni più e più volte
nei suoi disegni e ne
riprodusse le composizioni
anche nei propri dipinti. Se
Rembrandt era il suo
modello, Van Gogh riteneva,
però, vitale anche
l’incontro con i colleghi
artisti e il dibattito sui
temi legati alla
contemporaneità, all’epocale
rivoluzione artistica
portata dagli Impressionisti, come
Camille Pissarro e
Paul Cézanne, e dai
pittori
post-Impressionisti
della sua generazione, come
Paul Gauguin e Georges
Seurat.
Proprio a testimonianza di
questa fitta rete di
rapporti e dell’importanza
cruciale di queste fonti di
studio ed ispirazione per
Van Gogh, viene presentata
in mostra una selezione
accurata e puntuale di opere
di questi ed altri artisti,
cui il maestro olandese fece
riferimento. Tra essi
spiccano il capolavoro di
Gauguin, Lavandaie al
Canal Roubine du Roi,
dal MoMA di New York ed il
bellissimo I raccoglitori
di fieno di Millet dal
Louvre.
Pur
spesso tormentato da
profondi dubbi, in parte
originati dalla malattia,
Van Gogh era anche un
uomo molto ambizioso ed
aveva, in fin dei conti, una
percezione estremamente
chiara della propria opera
nel suo insieme e del ruolo
che avrebbe ricoperto nella
storia dell’arte.
Queste posizioni
apparentemente
contraddittorie
caratterizzano gran parte
della vita e della
produzione artistica di
Vincent. Ad esse si ispira
questa importante
esposizione, che analizza l’opera del grande
pittore olandese
approfondendo due aspetti
fondamentali della sua
identità artistica: l’amore per la campagna,
vista come un ambiente fisso
e immutabile, e
l’attaccamento alla città,
centro del movimento
frenetico e della vita
moderna.
Van Gogh costruisce, da un
lato, un’immagine
idealizzata della vita
rurale, dimostrando così
di credere che la natura
e la vita dei contadini,
dura ma onesta, fossero
valori senza tempo;
questo concetto trova chiara
espressione nei suoi
ritratti di coltivatori,
nelle immagini del lavoro
nei campi, che segue il
ritmo regolare e
rassicurante delle stagioni,
nelle descrizioni della
campagna olandese e
francese, come, ad esempio,
nell’imponente La semina
delle patate dal Von der
Heydt-Museum di Wuppertal e
nei bellissimi disegni di
contadine chine al lavoro,
in prestito dal
Kröller-Müller Stifting.
D’altro canto, anche la
città era importante
per il pittore dal punto di
vista visivo, perché era il
luogo dell’esperienza
contemporanea, in cui
era possibile venire a
contatto con i più recenti
sviluppi in campo artistico
e progredire nella propria
carriera. Non solo, in
città il progresso
dell’industria stava
cambiando per sempre il
destino dell’uomo e fu
proprio lì che l’artista
imparò a esprimere il sentimento della modernità,
come in Strada con
sottopassaggio (Il viadotto),
dal
Guggenheim Museum.
Questa dicotomia ispirò a
Van Gogh un importante
numero di dipinti, disegni
ed acquerelli. L’artista
esplorò in modi molto
affascinanti il suo universo
di immagini; egli, infatti,
non ritraeva
pedissequamente ciò che
aveva davanti agli occhi, ma
ne offriva spesso
un’interpretazione originale
e dipingeva esattamente ciò
che voleva che l’osservatore
vedesse. I suoi ritratti
e paesaggi non sono tanto
una traduzione spontanea
della sua esperienza visiva
quanto piuttosto un
repertorio di avvincenti
composizioni consapevolmente
costruito.
Van
Gogh era fermamente convinto
di dover realizzare un’opera
radicalmente moderna, che
però resistesse ai mutamenti
del tempo per poter essere
per sempre attuale.
Se, da un lato, egli
ammirava la pittura di
paesaggio tradizionale della
Scuola di Barbizon di metà
Ottocento, dall’altro,
negli anni ottanta del
secolo, intendeva occupare
una posizione di
avanguardia in campo
artistico.
In Olanda si unì ai giovani
membri della Scuola de
L’Aia, come Mauve e Van
Rappard, rappresentati in
mostra, dipingendo il
paesaggio olandese, ma
esplorò anche gli
ambienti proletari della
città in continua espansione.
Nel 1886 si trasferì a Parigi e qui
scoprì
le opere degli
Impressionisti e dei
colleghi più giovani,
che avevano trovato un modo
sorprendentemente moderno di
ritrarre la campagna,
utilizzando colori intensi e
una nuova pennellata. Tra
i loro soggetti vi erano
anche i nuovi prodotti della
tecnica e scene di vita
moderna e di svago nella
capitale francese e nei
dintorni. Le loro opere
proponevano temi, stili e
tecniche che Vincent van
Gogh studiò a fondo insieme
ad altri pittori conosciuti
a Parigi. Poi, nel periodo
trascorso nel sud della
Francia, egli seppe
fondere l’esperienza
olandese e quella parigina
per articolare ulteriormente
la propria visione in modo
autonomo ed originale.
Van Gogh scelse uno
specifico repertorio di temi
e immagini con l’intento di
presentare al tempo stesso
valori eterni e
situazioni contemporanee.
Il suo ritratto della
campagna come luogo
immutabile non si basava
sulla semplice osservazione
e sul resoconto di quanto
aveva visto, era piuttosto
il risultato della sua vasta
cultura artistica e delle
precise idee che intendeva
trasmettere. Per celebrare
l’intima felicità della vita
rurale, ad esempio, egli
dipinse casette col tetto di
paglia, ignorando
consapevolmente che quelle
dimore erano in realtà
baracche miserabili, cadute
in disuso già ai suoi tempi.
L’artista non era
interessato tanto a ritrarre
la verità oggettiva, quanto,
piuttosto, a divulgare
quelli che, a suo parere,
erano i valori della vera
vita di campagna.
Anche la città moderna fu
descritta da un punto di
vista ben specifico. Van
Gogh si dedicò di rado alla
rappresentazione delle vie
affollate o delle
pittoresche piazze di
Parigi; preferiva
ritrarre le stradine dei
sobborghi, all’epoca in
rapido sviluppo, come
negli Orti a Montmartre
dal Van Gogh Museum e dallo
Stedelijk Museum di
Amsterdam, inondati di luce
purissima, o la gente a
passeggio nei parchi
pubblici, raffigurata,
ad esempio, nella tela dalla
Collection Noro Foundation.
Sia che esplorasse le
periferie di Parigi, meta
dei cittadini in cerca di
quiete e divertimenti nel
fine settimana, sia che
dipingesse moderne strutture
industriali, Van Gogh
interpretava i propri
soggetti alla luce di
considerazioni
politico-sociali, all’epoca
ritenute decisamente
moderne, e vi aggiungeva la
propria personale
interpretazione. Anche
dopo aver lasciato Parigi,
nel 1888, l’artista continuò
a cercare immagini
peculiari della città
moderna, ma anche della vita
rurale, anzi, cominciò
persino a combinarle nella
stessa composizione con
risultati straordinari, come nel
Seminatore
dall’Hammer Museum di Los
Angeles, in cui un
seminatore si staglia in
giallo su un campo di un blu
ricco e profondo, mentre
sullo sfondo spiccano le
sagome nette delle ciminiere
di moderne fabbriche, o
nelle vorticose pennellate,
tanto tipiche del maestro
olandese, dei Cipressi
con due figure femminili,
capolavoro assoluto dal
Kröller-Müller Stifting.
Questa
cornice concettuale offrì a
Van Gogh l’opportunità di
esplorare anche il ritratto e lo studio di
figura. All'inizio della sua
carriera il pittore si
dedicò a raffigurare l'immagine del contadino
"ideale": ispirato ai
modelli di Millet e alle
teorie contemporanee sulla
frenologia, il suo contadino
della regione del Brabante
aveva un aspetto brutto e
rozzo, la fronte bassa e le
labbra grosse, come a
evocare vita difficile e
duro lavoro. Quasi
intraprendendo uno studio
antropologico di questo ceto
sociale, Van Gogh intendeva
diventare lo specialista
indiscusso nel campo,
come ben testimoniano in
mostra le teste di contadino
dell’Art Gallery of New
South Wales di Sydney e
del Saint Louis Museum of
Art.
Tuttavia presto si rese
conto che a Parigi, dove
sperava di far carriera,
queste teste brutali dai
colori scuri non erano molto
apprezzate e passò,
quindi, ad interessarsi del
ritratto “moderno”. Il
pittore sperimentò l’uso del
colore e della pennellata in numerosi
autoritratti, in cui si
raffigura alternativamente
in vesti di gentiluomo o di
contadino, a seconda del
ruolo che voleva assumere in
quel momento, come mostrano
in mostra i due Autoritratti dal Van
Gogh Museum; raffigurò,
invece, il mercante d’arte
Alexander Reid, nella
splendida tela dalla Glasgow Art Gallery and
Museum, nei panni del
cittadino per eccellenza,
moderno e sofisticato, e,
nelle speranze dell'artista,
intenzionato a promuovere la
sua opera in tutto il Regno
Unito.
Più tardi, nel Midi
francese, Van Gogh giunse
all’idea che questi
ritratti dovessero essere
moderni, ma anche eterni.
Consolidare la posizione di
artista moderno e al tempo
stesso realizzare opere
intramontabili erano due
aspetti che egli riteneva
essenziali per il suo
successo. Nello
straordinario Ritratto
di Madame Roulin con la
figlioletta dal
Philadelphia Museum of Art
è evidente il rimando ad
una classica Madonna con
Bambino, ma lo stile è
decisamente attuale. Van
Gogh reinterpretò persino Le quattro età dell'uomo
di Daumier nell’eccezionale
tela dall’Art Institute of
Chicago:
alla composizione originale
egli aggiunse su un lato uno
sfondo di alberi in fiore e
sull'altro una fabbrica
dalle ciminiere fumanti,
evocando così ancora una
volta la città e la
campagna, l'antico e il
nuovo.
Pur lavorando in modo veloce
e spontaneo, l’artista aveva
una chiara idea
dell'immagine e del
messaggio che intendeva
trasmettere;
sia la scelta del tema che
la forma della composizione,
ispirate alla sua conoscenza
della realtà, erano
deliberate e mai casuali.
Van Gogh rifiutava l'idea
della pittura d’invenzione,
eppure non rifuggiva dalla
costruzione delle immagini.
Specialmente nell’ultimo
periodo, a St. Rémy e a
Auvers-sur-Oise, diede
sempre maggiore spazio
all’invenzione in
composizioni ispirate a
diverse fonti visive e
artistiche. La fusione di
aspetti moderni e
tradizionali fu stimolata
dal suo straordinario uso
del colore e da una tecnica
pittorica assolutamente
sorprendente per l’epoca e
ricca ancora oggi di
grandissimo fascino.